
Denis Lovatel, innovativo pizzaiolo di Alano di Piave, scopriamo in che modo sta contribuendo a rivoluzionare il mondo della pizza.
Ho conosciuto Denis qualche anno fa. Un suggerimento come tanti, “vai a trovarlo perché lavora bene”: in effetti, questa pizzeria di famiglia con poco meno di quarant’anni di vita, isolata in un paesino tanto delizioso quanto fuori mano rispetto a qualunque meta qual è Alano di Piave, mi incuriosiva molto. Se uno ci pensa, Alano, all’ombra del Monte Grappa, è a dieci minuti dalle colline del Prosecco patrimonio Unesco e dal centro nevralgico delle bollicine nostrane che è Valdobbiadene, a cinque da un luogo affascinante come l’antica cartiera di Vas.
Posti incantevoli e incantati per motivi differenti, perciò, ovunque ci si trovi nel raggio di un ragionevole numero di chilometri, vale assolutamente la pena venire da queste parti e perché no, soggiornare magari in una delle confortevoli stanze del bed and breakfast di cui la struttura dei Lovatel è dotata, approfittandone per fare un giro nei dintorni. In estate, per esempio, Denis ha preso in gestione Malga Domador ai piedi del Col dell’Orso: un posto meraviglioso a cui ci si può avvicinare in macchina ma che conviene raggiungere a piedi con una lunga passeggiata, senza segnale telefonico e in mezzo alla natura, dove lui prepara una squisita pizza in pala sulla stufa a legna (l’elettricità arriva solo da un generatore per le necessità più stringenti) e propone prodotti del luogo come formaggi, spesso autorealizzati con la supervisione dei casari delle malghe, e salumi.
In questi giorni di inizio anno, tra chiusure alternate e difficoltà contingenti purtroppo note a tutto il mondo della ristorazione, Lovatel si è organizzato per i fine settimana con un’attività di delivery che arriva anche piuttosto distante da Alano di Piave: in questo caso la pizza che viaggia verso le case dei clienti è una pala con farina semi-integrale di tipo 2 che parte precotta e una volta riscaldata è deliziosa. All’asporto è invece riservata la “sua” pizza, quella che fa parlare di sé, divide puristi dallo spirito partenopeo e pragmatici amanti della pizza come concetto più ampio; oltre la classica intramontabile napoletana, con l’arte dei suoi maestri nominata patrimonio Unesco, proprio come le colline del Prosecco cui si faceva cenno prima. A questo proposito vale la pena inserire una breve digressione, un inciso che serve a chiarire (dirimerla sarà difficilissimo) un’annosa querelle. Perché è proprio in questa regione, nel Veneto, che – piaccia o meno – gente come Simone Padoan, Renato Bosco e Denis Lovatel ha letteralmente inventato un nuovo concetto di pizza che ha ottenuto successi e riconoscimenti in tutto il paese. Ma com’è la pizza di Denis Lovatel, quell’impasto ereditato dal papà Ezio, prima cuoco e poi pizzaiolo, inventato ormai nel secolo scorso? Come già accennato, è difficile prendere una posizione neutra sulla tonda crunch di Denis, profondamente convinto come sono che questa pizza che non perde mai la sua croccantezza ed è realizzata con panetti che non superano i 180 grammi, sottile e allo stesso tempo compatta, farcita come un piatto di alta cucina e con un topping studiato con cura certosina, sia un prodotto che si ama o si odia.

Qualche anno fa gli è venuto in mente di identificare con un musicista la nota croccante della sua pizza, scoprendo che si trattava di un sol diesis. Conoscere Denis, persona squisita di suo, significa incontrare un personaggio che per anni ha fatto la spola tra Milano e Alano di Piave, viaggi di lavoro all’estero e arrampicate in montagna, manager durante la settimana e pizzaiolo nel weekend. Uno che non si ferma mai, che riesce a ragionare da imprenditore e insieme ha quell’animo puro che gli arriva dal legame con la montagna, una forza interiore che lo spinge a cercare, sempre. Ecco perché si inventa, primo tra i pizzaioli, un progetto come In-fusioni che vede le sue pizze – una al mese per un anno – farcite da grandi cuochi: tra tutte, la Pu’er, con fiordilatte, topinambur al forno, chips e succo di cavolo nero e infuso di tè Pu’er è stata giudicata dal Gambero Rosso miglior pizza a degustazione nel 2017. Non solo, perché proprio nel 2020 la stessa guida ha riconosciuto la sua Rivoluzione Vegetale come miglior pizza dell’anno: in che cosa consiste questa nuova proposta del pizzaiolo di montagna?
Sempre più orientato al tema della sostenibilità non come slogan ma come buona pratica, Denis, a testimonianza del suo impegno, è stato il primo italiano e pizzaiolo a essere chiamato da Jp Mc Mahon a partecipare a Galway in Irlanda a un congresso internazionale come Food on The Edge, simposio che vede coinvolti in ogni edizione grandissimi nomi dell’alta cucina internazionale.
Nel caso della pizza in questione, Lovatel è partito dall’idea di sostituire proteine vegetali a quelle animali: perché quindi non immaginare un’alternativa a un classico come bresaola, rucola e scaglie di Grana? Ecco allora un carpaccio di anguria, che viene aromatizzato con spezie di montagna e un olio alla brace che dà un’affumicatura leggera e non invasiva. Non immaginate però un’anguria così come la si consuma abitualmente, perché essa è stata lavorata con una tecnica che prevede una lunga cottura a bassa temperatura e un complesso processo di disidratazione che arriva da Andoni Luis Aduriz del Mugatitz, perfezionata con l’aiuto di Andrea Rossetti, chef padovano rientrato in Italia dopo un periodo in Brasile con Alex Atala al D.O.M.: timo e rosmarino aggiunti in osmosi e il risultato, tanto per la sua texture quanto visivamente, per non parlare del gusto che è facilissimo confondere, è davvero sorprendentemente vicino a quella che sembra carne.

L’anguria così lavorata viene posta su una base bianca con fiordilatte, scarola riccia a sostituire la rucola, chips croccanti di Grana Padano, granella di mandorle e un hummus di fagioli gialet, eccellente prodotto della Valbelluna. Per Denis “vuol essere uno stimolo di sensibilizzazione verso l’enorme impatto ambientale delle produzioni di grandi quantità su larga scala. La pizza è l’alimento probabilmente più conosciuto al mondo, rivalutata in questo modo può diventare anch’essa parte di un messaggio per la salvaguardia di ambiente e biodiversità.” Il che non significa per Lovatel diventare una pizzeria vegetariana, ma di ricercare per quanto possibile farciture sane, che non provengano da allevamenti intensivi, che rispettino i tempi e i prodotti della natura.
Così questo pizzaiolo (anche se il termine ormai appare riduttivo) ricercatore va avanti a esplorare e si cimenta studiando metodi di conservazione e di riduzione degli sprechi come le fermentazioni, sostenendo le piccole attività agricole locali e andando alla scoperta del mondo delle spezie e delle erbe aromatiche di montagna. Con un sogno nel cassetto, che sicuramente conoscendolo è destinato a realizzarsi: “Mi piacerebbe un giorno arrivare a controllare una mia piccola filiera. Ad esempio, io ora prendo il fiordilatte di Agerola, ma in estate arriva spesso in condizioni non ottimali e io vorrei un prodotto sempre al massimo. Quindi ho in mente di riuscire ad avere tutto dentro, compresa una piccola autoproduzione di mozzarella a partire dal latte, magari munto da animali che pascolano qui sul Grappa.” E sono certo che il pizzaiolo di montagna non si fermerà qui.