Pizza Gourmet: la cucina di Denis Lovatel e Fabio Groppi

Una pizza gourmet nata dalla ricerca e l’incontro tra la pizzeria e l’alta cucina, con prodotti locali in grado di rappresentare le bontà di una regione: il Veneto.

 

Un incontro tra cucina e pizzeria rappresenta sempre uno stimolo importante, specie se a trovarsi sono un personaggio come Denis Lovatel della pizzeria Da Ezio ad Alano di Piave nel bellunese, ormai noto come il ‘pizzaiolo di montagna’, insieme a Fabio Groppi, cuoco veronese con la Liguria nelle sue origini e parecchie esperienze in giro per l’Italia, culminate con la stella Michelin a Madonna di Campiglio e approdato da poco a Fumane nella magnifica Villa della Torre, monumentale residenza del 1500 di proprietà della famiglia Allegrini. L’occasione per incontrarli è legata a una pizza che parte da un concetto di cui spesso in ambito gastronomico si abusa, quello di territorio

In questo caso però c’è dietro una riflessione sensata da parte di entrambi, Lovatel sul fronte della ricerca di un impasto che ne rappresentasse il carattere e Groppi impegnato nel concepire una farcitura anch’essa legata al Veneto: da un lato quindi il nord della regione e dall’altro la sua parte a ovest. Racconta Lovatel: “bello unire queste due estremità in un unico piatto, creando una pizza leggermente differente rispetto a quella croccante che propongo nel mio locale: in questo caso volevo introdurre un elemento di sofficità”. Dal canto suo, Groppi prosegue: “l’idea era di ideare qualcosa di completo, perché la base non dev’essere un semplice appoggio. Così ho pensato a una ricetta tipica veneta come le ‘sarde in saor’, un metodo che consente una conservazione lunga. Ho usato delle sarde di lago, note anche come agoni, le ho pulite, lavorate e fritte e poi messe sotto un aceto che produciamo qui, con un agro non troppo eccessivo per evitare di coprirle troppo. A contrasto ho usato una ricotta fresca e ho cucinato la cipolla con una tecnica in vasocottura a microonde; infine, ho voluto aggiungere un elemento vegetale fragrante come la cima di rapa.” 

Per l’impasto Lovatel ha pensato a un blend di due farine, una semi-integrale nella parte di rinfresco e una parte di biga, poi una di tipo 0 per tenere una lunga lievitazione. L’idratazione è stata di circa il 75%, abbastanza alta: “di solito le mie vengono realizzate con una tecnica che si chiama ‘dry out’ che ne prevede molto più bassa, ma in questo caso ho voluto aumentarla per dare sofficità e leggerezza”. Bella anche l’idea di dare un vago sentore di tostatura per sostenere i gusti decisi della farcitura: “In questo modo posso trasmettere il territorio anche nell’impasto, sebbene di solito non mi piaccia esagerare nella caratterizzazione e ami i gusti bilanciati. Allora ho tostato e messo in infusione un po’ di fieno. L’acqua che ne ho ricavato è stata utilizzata per impastare e ha dato una nota che mi ricorda la montagna e i prati.” 

Affrontando un tema spinoso come quello della pizza contemporanea perfetta, ci si trova a dibattere su quali siano le peculiarità che la caratterizzano. Un tema di discussione è quanto gli elementi impasto/topping si integrino realmente. Secondo Groppi: “Ritengo che molto spesso si trovino dei piatti sopra una base non particolarmente riuscita e viceversa ottimi impasti con farciture non adeguate”. Allo stesso modo Lovatel dice: “Sono perfettamente d’accordo sull’idea che il topping si debba amalgamare all’impasto, spesso trovo pizze che non hanno continuità nel morso e sono slegate. Ecco perché quando lavoro con uno chef mi piace poter esprimere le mie idee e vederle interpretate in una farcitura adatta, perché stiamo parlando di due mondi vicini ma in ogni caso separati tra loro: riuscire a metterli insieme significa realizzare un’ottima pizza. 

Ci dev’essere omogeneità nel gusto, poi si può lavorare sulla giusta dose di acidità, nel caso ad esempio sia necessario ‘pulire’ la parte di mozzarella o formaggio.” 

Secondo l’opinione di Groppi bisogna stare attenti a non obbligare l’ospite a doversi concentrare per apprezzarla in un momento di tranquillità e rilassatezza qual è lo stare a tavola: “la bravura sta nel momento in cui si va a posizionare la farcitura, perché dal primo all’ultimo boccone ogni spicchio deve contenere gli ingredienti giusti.” E Lovatel aggiunge: “L’importante è trovare l’equilibrio in ogni fetta ed è quello che deve garantire il pizzaiolo anche in presenza di grandi numeri, perché se esageriamo con qualunque ingrediente andiamo a sbilanciare completamente il gusto. In ogni caso per fare di una pizza un ottimo prodotto non è sufficiente utilizzare elementi pregiati, perché il suo ‘motore’ è l’impasto ed è quello che ne determina l’identità, da lì in poi si va a studiare il resto”. Infine, quanto può imparare un cuoco da un pizzaiolo e viceversa? Groppi risponde: “noi cuochi sappiamo fare un po’ di tutto ma dobbiamo allo stesso tempo continuare sempre a imparare, per me è difficile, per esempio fare un impasto che abbia una continuità qualitativa garantita. Quindi lo vado a chiedere a un pizzaiolo.” Allo stesso modo Denis Lovatel è convinto della grande utilità dello scambio di idee: “Seguendo il progetto ‘Infusioni’ con 12 chef e altrettante teste differenti vedi molte diversità e quanto ci sia da scambiare”. E si tratta di un argomento che avrà modo di essere ulteriormente approfondito.

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