Il pomodoro, l’irpinia e Pasquale Polcaro

Già a sentirlo parlare si capisce come Pasquale Polcaro sia letteralmente innamorato del mondo della pizza. A partire da una partenza nella sua Avellino: “mi sono ritrovato in un momento di boom, a lavorare su cornicioni pronunciati e materie prime di alta qualità. Accadeva otto anni fa e avevo vent’anni. Mi sono bastati due giorni per puro caso accanto a Gianfranco Iervolino e così mi sono staccato dai pizzaioli veraci storici e ho iniziato a lavorare controcorrente, con un impasto ad alta idratazione e l’utilizzo del frigorifero che allora era un tabù assoluto, appassionandomi molto anche alla panificazione.

Allora mi guardavano strano, poi le cose sono cambiate” Idee chiare fin da quella che si potrebbe definire una tenera età per un professionista qual è ora Pasquale, che racconta ancora: “Ho cominciato un percorso da solista approcciando le prime pizzerie che mi davano fiducia con i primi consensi e l’esperienza più significativa è stata quella a Sirignano con uno chef come Giovanni Arvonio nella sua pizzeria Madremia. Con lui il percorso è stato importante, perché abbiamo lavorato spalla a spalla, partendo dal lievito madre del quale non sono un cultore e che pure ci complicava la vita ma ci ha dato grandi soddisfazioni, dalla camera di fermentazione alla ricerca sui topping. Avevamo una visione sulle pizze forse anche troppo futuristica con cose come un omaggio a Gualtiero Marchesi o la genovese ‘sbagliata’. Poi purtroppo è arrivata la pandemia e mi sono dovuto distaccare per altri progetti.”

A un certo punto della sua carriera già articolata Polcaro decide di trasferirsi in centro a Firenze grazie alla chiamata da un maestro come il Gabriele Dani, tre spicchi con Dissapore a Cecina nella guida del Gambero Rosso, per un nuovo progetto come Largo9, (altri tre spicchi): “Ero incuriosito dalla Toscana, avrebbe dovuto essere un’esperienza provvisoria, ma alla fine si può dire che ci siamo innamorati e ci troviamo molto bene e lavoriamo su più impasti, sia legati alla tradizionale napoletana sia a una gourmet che ha un interno soffice e una grande croccantezza esterna, con la quale sperimentiamo farciture più elaborate che toccano l’alta cucina.” Prima di Madremia però Pasquale si era specializzato nei prodotti della sua Irpinia grazie alla collaborazione nel progetto Quadrifoglio con Davide Filadoro a Montemiletto: “Mi sono immerso completamente nello studio dei prodotti del territorio a trecentosessanta gradi”. Da lì l’idea di presentare a Emergente Pizza un’idea completamente basata su due assi portanti come l’Irpinia e il concetto di recupero.

Così si è messo in testa una cosa tanto bella quanto complessa, realizzandola e raccontando il ‘ciclo di vita’ del pomodoro, dalla nascita alla fine. “La vita del pomodoro”, questo il nome della pizza che presenta un impasto a vapore, si muove su consistenze e maturazioni a diversi stadi temporali dell’ortaggio. Si parte dalla terra, dove il pomodoro prende vita, con un crumble composto da cacao amaro e pomodoro dolce, poi i semi di basilico a rappresentare il momento in cui iniziano a sbucare i primi germogli. Da lì un percorso tra i colori del pomodoro. Verde, quando è acerbo, con le sue lamelle, il gel di pomodoro giallo e quello arancione all’aceto. Ancora, un datterino baby confit e poi l’essenza di San Marzano rosso. Il termine del ciclo si concretizza nella crema di pomodoro fermentato. “Per me – confessa Pasquale – questa pizza rappresenta la vita”. Ed è solo ancora l’inizio, per lui.

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